Egli alzò gli occhi…
Giosuè 5:13-15
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5:13 Mentre Giosuè
era presso Gerico, egli alzò gli occhi, guardò, ed ecco un uomo in piedi che
gli stava davanti, tenendo in mano la spada sguainata. Giosuè andò verso di
lui, e gli disse: «Sei tu dei nostri, o dei nostri nemici?»
5:14 E quello rispose: «No, io
sono il capo dell'esercito del SIGNORE; arrivo adesso». Allora Giosuè cadde con
la faccia a terra, si prostrò e gli disse: «Che cosa vuol dire il mio Signore
al suo servo?».
5:15 Il capo dell'esercito del
SIGNORE disse a Giosuè: «Togliti i calzari dai piedi; perché il luogo dove stai
è santo». E Giosuè fece così.
(Giosue 5:13-15)
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Leggendo questi
versetti non ho potuto non rimanere colpito dalla minuziosa e attenta
descrizione del movimento dello sguardo di Giosuè. Egli si trovava presso la
città di Gerico, vicino alle sue enormi mura e alle sue porte chiuse che
separavano lui e il resto del popolo di Israele dalla prima città che il
Signore aveva promesso di dare loro.
Non sappiamo come dovesse apparire quella città davanti ai suoi occhi, ma sappiamo quello riportarono gli esploratori inviati, al tempo di Mosè, a esplorare il paese di Canaan:
Non sappiamo come dovesse apparire quella città davanti ai suoi occhi, ma sappiamo quello riportarono gli esploratori inviati, al tempo di Mosè, a esplorare il paese di Canaan:
13:28 Però, il
popolo che abita il paese è potente, le città sono fortificate e grandissime, e
vi abbiamo anche visto dei figli di Anac.
(Numeri 13:28)
Una descrizione
capace di fare abbassare lo sguardo al guerriero più valoroso. Giosuè sapeva di
poter contare solamente su un esercito di 40000 soldati (Giosuè 4:13) provenienti da un viaggio di 40 anni nel deserto del
Sinai per espugnare quella potente città.
Leggiamo però che, giunto presso Gerico, Giosuè non rimase con gli occhi puntati verso il basso, a fissare il suolo, come per contare il numero di passi che lo separavano da una inevitabile disgrazia, ma li alzò verso un’altra direzione e guardò.
Ed ecco che davanti a lui stava in piedi un uomo con una spada sguainata nella sua mano, pronto ad incontrare in battaglia i suoi nemici. Non riconoscendolo, Giosuè camminò verso questo uomo e gli domandò se Egli fosse lì per combattere dalla parte del popolo di Israele o dalla parte dei loro nemici.
La risposta (Giosué 5:14) fece
cadere Giosuè sulle sue ginocchia. Davanti a lui era apparso il Signore, in
forma di uomo, pronto a combattere per consegnare la vittoria al Suo popolo. Non
si trattava di una battaglia di Israele, ma della battaglia del Signore, una battaglia che Egli avrebbe vinto per
portare avanti il Suo piano per il Suo popolo e per essere fedele al patto che
aveva giurato ad Abraamo (Genesi
15:18-21). Ed era lì, proprio al
momento giusto per farlo. Non in anticipo. Non troppo tardi.Leggiamo però che, giunto presso Gerico, Giosuè non rimase con gli occhi puntati verso il basso, a fissare il suolo, come per contare il numero di passi che lo separavano da una inevitabile disgrazia, ma li alzò verso un’altra direzione e guardò.
Ed ecco che davanti a lui stava in piedi un uomo con una spada sguainata nella sua mano, pronto ad incontrare in battaglia i suoi nemici. Non riconoscendolo, Giosuè camminò verso questo uomo e gli domandò se Egli fosse lì per combattere dalla parte del popolo di Israele o dalla parte dei loro nemici.
Giosuè, non aveva alzato gli occhi verso un punto qualsiasi, cercando l’aiuto da uno degli idoli delle montagne pagane. Giosuè sapeva bene da chi gli sarebbe venuto l’aiuto e la forza per combattere la città di Gerico.
121:1 Canto dei pellegrinaggi. Alzo gli occhi verso i monti... Da dove mi verrà l'aiuto?
121:2 Il mio
aiuto vien dal SIGNORE, che ha fatto il cielo e la terra.
121:3 Egli non permetterà che il tuo piede vacilli; colui che ti protegge non
sonnecchierà.
121:4 Ecco, colui che protegge Israele non sonnecchierà né dormirà.
(Salmi 121:1-4)
Cosa ha a che fare
questo con me?
Forse spesso penso di dover combattere da solo.
Forse vivo la mia vita come una continua battaglia nella quale ogni passo
che faccio è un passo in più verso una disfatta sicura.
Forse anche io a volte sono un po’ troppo concentrato e preoccupato a
macchinare soluzioni per tutti i miei problemi da non accorgermi che il loro
peso sulle mie spalle diventa talmente insopportabile da impedirmi di alzare il
capo, da impedirmi di fissare altra direzione che non sia quella del suolo.
Non è questo il desiderio di Dio per la mia vita. Non siamo fatti per
essere dei fiori appassiti, per essere delle braci spente, dei lucignoli
fumanti. Non siamo fatti per vivere come degli eterni sconfitti.
8:14 infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di
Dio.
8:15 E voi non avete ricevuto
uno spirito di servitù per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito
di adozione, mediante il quale gridiamo: «Abbà! Padre!»
8:16 Lo Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli
di Dio.
8:17 Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se
veramente soffriamo con lui, per essere anche glorificati con lui.
(Romani 8:14-17)
La domanda è: viviamo davvero come eredi di Dio? Oppure viviamo
ancora spaventati, incapaci di vedere una via d’uscita, come schiavi delle
nostre paure?
Dio ha dato Suo Figlio a morire sulla croce, pagando per ognuna delle nostre colpe e, come è scritto:
Dio ha dato Suo Figlio a morire sulla croce, pagando per ognuna delle nostre colpe e, come è scritto:
8:32 Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi
tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui?
8:33 Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica.
8:34 Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, è
risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi.
8:35 Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione,
l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?
(Romani 8:32-35)
8:37 Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di
colui che ci ha amati.
(Romani 8:37)
Noi sappiamo quale è la direzione giusta in cui guardare. Possiamo
anche noi vivere, come Giosuè, una vita di pace e vittoriosa, non una vita di
sconfitte e delusioni. Giosuè era un uomo come noi ma sapeva dove rivolgere il
proprio sguardo. E quando alzava gli occhi verso l’Eterno, il Dio di Israele,
Egli lo trovava davanti a sé, sempre.
Come Giosuè anche noi abbiamo già provato cosa significa vedere il Signore combattere e vincere nella nostra vita. Lo ha fatto quando ci ha fatti Suoi.
Come Giosuè anche noi abbiamo già provato cosa significa vedere il Signore combattere e vincere nella nostra vita. Lo ha fatto quando ci ha fatti Suoi.
Smettiamo perciò di vivere incentrando ogni momento sulle difficoltà, sulle sconfitte, sulle fatiche, sulle delusioni. Puntiamo davvero lo sguardo su Cristo, ricordiamoci cosa Egli ha sofferto per noi, ma soprattutto ricordiamoci a quale gloriosa speranza ci ha chiamati.
8:38 Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né
cose presenti, né cose future,
8:39 né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci
dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore.
(Romani 8:38-39)
E se oggi tu non hai
preso ancora una decisione… questa può essere anche la tua vita. Devi solo
aprire la porta del tuo cuore a Gesù, ricevendolo come tuo personale Signore e
Salvatore.
Non aspettare. Il
tempo della scelta è ora.
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