mercoledì 26 dicembre 2012

Giovanni 4:43-54, "Và, tuo figlio vive!"


Giovanni 4:43-54

"Và, tuo figlio vive!"

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Joh 4:43  Trascorsi quei due giorni, egli partì di là per andare in Galilea;
Joh 4:44  poiché Gesù stesso aveva attestato che un profeta non è onorato nella sua patria.
Joh 4:45  Quando dunque andò in Galilea, fu accolto dai Galilei, perché avevano visto le cose che egli aveva fatte in Gerusalemme durante la festa; essi pure infatti erano andati alla festa.
Joh 4:46  Gesù dunque venne di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un ufficiale del re, il cui figlio era infermo a Capernaum.
Joh 4:47  Come egli ebbe udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, andò da lui e lo pregò che scendesse e guarisse suo figlio, perché stava per morire.
Joh 4:48  Perciò Gesù gli disse: "Se non vedete segni e miracoli, voi non crederete".
Joh 4:49  L'ufficiale del re gli disse: "Signore, scendi prima che il mio bambino muoia".
Joh 4:50  Gesù gli disse: "Va', tuo figlio vive". Quell'uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detta, e se ne andò.
Joh 4:51  E mentre già stava scendendo, i suoi servi gli andarono incontro e gli dissero: "Tuo figlio vive".
Joh 4:52  Allora egli domandò loro a che ora avesse cominciato a star meglio; ed essi gli risposero: "Ieri, all'ora settima, la febbre lo lasciò".
Joh 4:53  Così il padre riconobbe che la guarigione era avvenuta nell'ora che Gesù gli aveva detto: "Tuo figlio vive"; e credette lui con tutta la sua casa.
Joh 4:54  Gesù fece questo secondo segno miracoloso, tornando dalla Giudea in Galilea.
(Giovanni 4:43-54)
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Immagina che tuo nipote o figlio stia male, abbia la febbre alta e forti dolori di stomaco. 
Nonostante sia tardi e le farmacie del tuo paese stiano per chiudere ti precipiti dal miglior medico del paese, quello con la fama di non aver mai sbagliato una diagnosi, chiedendogli cosa fare e che medicinarti procurarti.
Il medico ascolta la descrizione dei sintomi ma, prima di esprimere il suo parere, suona il telefono e si perde in una lunga e complicata discussione tecnica con un collega.
Aspetti dieci, quindici minuti ma il dottore non dà segno di voler interrompere la chiamata. Spazientito a un certo momento lo richiami infastidito e preoccupato dicendo “Scusi può farmi la ricetta??? Come farò a curare il ragazzo se non farò in tempo a procurarmi le medicine?? ”. Il dottore allora ti guarda e dice di andare perchè entro poche ore il ragazzo starà bene. Cosa fai? Io rimarrei lì un po’ disorientato! Ma come? Sono qui che aspetto da tutto questo tempo, il ragazzo è in condizioni così gravi, e il dottore mi manda via senza una spiegazione del caso e senza una medicina, senza propormi una visita a casa o lamentandosi di non avergli portato il paziente? Me ne andrei tranquillo e appagato da quella semplice risposta pur sapendo quale sia la fama del medico?

Questo è proprio quello che Gesù chiede all’ufficiale del re.

Nella vicenda riportata da Giovanni, Gesù si trova di nuovo in Galilea, dove (Giovanni 2:1-12) aveva operato il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino.  Arrivato in quel luogo Gesù venne subito accolto da una folla di Galilei che avevano sentito del matrimonio dove Egli aveva compiuto il miracolo e lo avevano visto scacciare mercanti e cambiavalute dal tempio di Gerusalemme durante la Pasqua (Giovanni 2:13-segg.). 

Sicuramente le voci di miracoli e dell’autorità che Gesù aveva mostrato a Gerusalemme dovevano essere giunte anche agli alti gradi del potere militare e civile romano, infatti un ufficiale reale, sentito del Suo arrivo in Galilea, avendo il figlio in pericolo di vita, si precipita alla Sua ricerca. Trovato Gesù, egli Lo implora di correre a casa dal figlio morente, ma Gesù si ferma a parlare con lui e, indirettamente, alla folla attorno. Gesù ammonisce coloro che lo ricercano solo per assistere o ricevere dei miracoli che rendano più facile o sostenibile la propria vita. Ma l’ufficiale è talmente disperato da insistere perchè Gesù scenda nella sua casa, come se il potere della sua parola fosse limitato in un qualche modo dalla distanza.

Gesù mette allora alla prova la fede dell’ufficiale: lo manda a casa dal figlio dicendogli solo che suo figlio è fuori pericolo. All’ufficiale questo basta per correre indietro e scoprire, incontrando i servi a metà strada, che tutto quello che Gesù gli aveva detto si era realizzato nell’istante stesso in cui Gesù aveva parlato.

Io non avrei lasciato l’ambulatorio del dottore senza una spiegazione o un farmaco per una semplice malattia mentre l’ufficiale credette subito nelle parole di Gesù nonostante il figlio stesse morendo. Ma l’intenzione di Giovanni non è elogiare l’opera di quest’uomo: è quella di glorificare Gesù e la sua opera. 
Noi oggi ci ritroviamo nella stessa situazione dell’ufficiale: siamo messi alle corde dalla consapevolezza di quello che si annida dentro di noi, senza speranza di guarirne da soli o con l’aiuto di qualche amico attorno a noi, o di nasconderlo in un angolino da dimenticare (sicuramente il ricco ufficiale avrà tentato tutti i rimedi conosciuti allora e consultato i migliori medici per salvare il figlio). Ora, in questo momento, Gesù mi ripete le stesse parole che rivolse duemila anni fa al centurione.
“Và, eri morto ma ora sei guarito”.

Se rimarrò fermo lì a lamentarmi in attesa di un miracolo che capovolga la mia vita, non avrò capito che proprio queste parole sono il miracolo che ho tanto atteso.
Mi è stato appena porto il dono più grande e immeritato che potessi mai attendermi: sono stato guarito da Cristo e per mezzo di lui, per fede, sono piaciuto a Dio Padre.

Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono.
(Ebrei 11:1)

Or senza fede è impossibile piacergli; poiché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che ricompensa tutti quelli che lo cercano.
(Ebrei 11:6)

Quello che Gesù mi chiede oggi è di non dubitare, ma di porre ciecamente la mia fede in lui sapendo che il peso del mio peccato non dovrò più portarlo io, ma è già stato Cristo stesso a pagare e soffrire al mio posto UNA VOLTA PER TUTTE perchè io fossi finalmente libero di tornare al Padre e testimoniare dell’Amore che ci è stato regalato.

Non lasciamo perciò che il ricordo di questo peso torni ad ostacolare il nostro cammino, ma guardiamo a Gesù come unica guida e speranza.

Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta,
fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l'infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio.
Considerate perciò colui che ha sopportato una simile ostilità contro la sua persona da parte dei peccatori, affinché non vi stanchiate perdendovi d'animo.
(Ebrei 12:1-3)

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